Sìori e sìori accogliamo con un fragoroso applauso...
Il perché
Era stato il sogno che aveva caratterizzato la mia vita. Il ricordo di quei volti incontrati per strada e dimenticati da tutti, era il senso stesso della mia vita.
Poi il sogno, come tanti, è stato travolto dalla vita reale, una vita fatta di scelte, impegni, persone, e appariva dimenticato e spento. Quando è nata l’idea, insieme ad un gruppo di persone, che stavano seguendo un percorso educativo approfondito, lui si è risvegliato. Era il logico epilogo che segna l’inizio di una fede adulta e di una scelta missionaria.
Il sogno di vivere vite e realtà di bambini completamente diversi dai nostri, il bisogno di conoscere e condividere nuovi orizzonti appena intravisti, si fa presente. Spinto dall’urgenza sono partito.
La Storia
La Provvidenza, dice chi ha fede come me, mi ha portato nei vicoli di Ercolano, lì ho incontrato bambini, ho raccolto storie, li ho guardati negli occhi, ho pianto con loro quando il dolore e l’ingiustizia erano troppo grandi. I primi tempi li ho accolti in un cortile, troppo poco mi dicevo, poi quando le loro faccine sono diventate tante, quando sono diventate persone, con nomi e storie, quando l’interesse è diventato amore, mi sono reso conto che non avrei mai potuto essere “Padre”, come loro avevano iniziato a chiamarmi, se non avessi condiviso la vita dura che li contraddistingue senza protezione ne privilegi.
Uno chalet abbandonato, un luogo per incontrarli, un tetto per accoglierli mi sono inginocchiato davanti a Lui, ho sentito il battito del Suo cuore, unito a quello dei bambini, ho intravisto nel suo volto l’angoscia per quelle storie, il pianto per quel grido inascoltato, ho sentito il mio cuore battere all’impazzata, l’ho fatto correre per un po’, alimentandolo con tanti pensieri, poi gli ho ordinato di calmarsi.
Ho ripreso a guardare il Volto di Gesù e mi sono sentito avvolto dal suo abbraccio, protetto, incoraggiato. Ogni paura è scomparsa, è rimasta solo la gioia e la voglia di iniziare, di dividere con loro lavoro e pause di ozio, routine e problemi imprevisti, pranzi e canti, coccole e chiacchiere.
La Locanda di Emmaus, così ho battezzato quello chalet abbandonato, e l’Oratorio San Domenico Savio, si sono trasformati in rifugio, in casa, e noi ci siamo impegnati ad amarli, a cercare di fare per loro tutto quello che è possibile per prenderci cura di loro, confidando non in risorse che non abbiamo, ma nell’aiuto di tanti, che siamo certi incontreremo ancora sul nostro cammino, e con noi vorranno condividere quest’avventura umana e spirituale.
Il mio sogno? Dare una dignità a quelli che ci aspettano e che Dio ha pensato per noi, per coloro che confidano sul nostro amore e sostegno, perché escano dalla grande categoria anonima e senza volto di chi ha bisogno, ed entrino nei cuori di tutti come sono entrati nei nostri che li abbiamo conosciuti.
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